Salvare il seme
Don Camillo spalancò le braccia: “Signore, cos’è questo vento di pazzia? Non è forse che il cerchio sta per chiudersi e il mondo corre verso la sua rapida autodistruzione?” “Don Camillo, perché tanto pessimismo? Allora il mio sacrificio sarebbe stato inutile? La mia missione fra gli uomini sarebbe dunque fallita perché la malvagità degli uomini è più forte della bontà di Dio?” “No, Signore. Io intendevo soltanto dire che oggi la gente crede soltanto in ciò che vede e tocca. Ma esistono cose essenziali che non si vedono e non si toccano: amore, bontà, pietà, onestà, pudore, speranza. E fede. Cose senza le quali non si può vivere. Questa è l’autodistruzione di cui parlavo. L’uomo, mi pare, sta distruggendo tutto il suo patrimonio spirituale. L’unica vera ricchezza che, in migliaia di secoli, aveva accumulato. Un giorno non lontano si ritroverà esattamente come il bruto delle caverne. Le caverne saranno alti grattacieli pieni di macchine meravigliose, ma lo spirito dell’uomo sarà quello del bruto delle caverne. Signore: la gente paventa le armi terrificanti che disintegrano uomini e cose. Ma io credo che soltanto esse potranno ridare all’uomo la sua ricchezza. Perché distruggeranno tutto, e l’uomo, liberato dalla schiavitù dei beni terreni cercherà nuovamente Dio. E lo ritroverà e ricostruirà il patrimonio spirituale che oggi sta finendo di distruggere. Signore, se questo è ciò che accadrà, cosa possiamo fare noi?” Il Cristo sorrise. “Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede a mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più; ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede. Ogni giorno di più uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri…” (Giovannino Guareschi, pubblicato su Oggi il 10 novembre 1966).
Il progetto ‘Opzione Benedetto’
“… Uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri”: queste lapidarie parole di Guareschi descrivono certamente la situazione sul finire degli anni Sessanta, ma con molta più forza esse rappresentano una profezia per il nostro tempo. La strada del suicidio culturale, spirituale e religioso che il mondo occidentale ha imboccato più di cinquant’anni fa, ora sta arrivando a destinazione: questi uomini di molte parole e di nessuna fede hanno costruito una società senza Dio, anzi, contro Dio; hanno negato il valore assoluto di verità, di bene, di bellezza, di purezza, di santità, e hanno esaltato il relativismo più radicale; hanno promesso la realizzazione di sé attraverso la negazione di Dio, la felicità attraverso il peccato. Il risultato è un mondo disumano, incivile e invivibile. La Chiesa avrebbe dovuto essere il baluardo contro tutto questo: ci si sarebbe aspettati che essa avesse salvato e custodito il seme. Invece la deriva della società ha coinciso con la crisi della Chiesa, forse la più grave della sua storia. Ha smesso di contrapporsi al mondo e ha iniziato a conformarsi ad esso, e ne è rimasta travolta. È il sale che perde sapidità e non serve più ad altro che ad essere gettato per terra e calpestato. Di fronte a questa situazione verrebbe da ripetere ciò che don Camillo dice al Crocifisso dell’altare: Signore, questa è al fine di tutto? Ma la risposta rovescia la domanda: questo può essere un nuovo inizio! È certamente fondamentale fare un’attenta e precisa analisi della gravità della situazione attuale della società e della Chiesa, e avere così una chiara consapevolezza della realtà; l’esito però non può e non deve essere il chiudersi in uno sterile rimpianto, ma piuttosto lo sprone a prendere l’iniziativa. Custodire il seme non è un ripiego statico ma un programma di azione: non basta capire, non basta deprecare, bisogna fare! Ma fare che cosa? Non sarà forse illusorio pensare di poter agire, in una situazione come questa, con qualche speranza di successo? In realtà già nel passato ci sono stati periodi terribili, e a fronte di uno stato di cose apparentemente irrimediabile l’iniziativa audace di un piccolo gruppo è stato il germe di una vera rinascita:
– tra il IV e il V secolo, quando è crollato l’impero romano e l’Europa è stata invasa dai barbari, i monaci benedettini hanno costruito una rete di monasteri; attorno ad essi si sono formati piccoli villaggi, e in questi luoghi è stato preservato tutto il meglio del passato e sono state poste le basi su cui è fiorita la splendida civiltà cristiana medievale.
– Tra il XII e il XIII secolo, quando la cristianità entra in crisi e la lotta tra papato e impero manda l’Europa in pezzi, la nascita degli Ordini mendicanti e il costituirsi delle confraternite laicali crea nuove comunità di vita, di fede, di cultura e di lavoro da cui prende vita quel nuovo mondo che sarà conosciuto come l’epoca dei Comuni.
– All’inizio dell’età moderna, quando il dilagare del neo paganesimo umanista, la crisi culturale, disciplinare e liturgica delle grandi istituzioni della Chiesa, e la devastazione prodotta dall’eresia luterana, fanno temere che tutto sia perduto, la riforma tridentina crea un nuovo modello di comunità cristiana che farà rifiorire il cattolicesimo in tutto il suo splendore, e che durerà e funzionerà per oltre quattro secoli: è la parrocchia nel senso moderno della parola; la parrocchia che coincide con i confini geografici ma anche umani e spirituali dei nostri paesi e dei quartieri delle nostre città; la parrocchia come l’hanno conosciuta i nostri nonni, la cui vita era il punto di riferimento della comunità sociale, delle famiglie, anche di quelli che a messa ci andavano poco o per niente; la parrocchia con al centro la chiesa e quindi il parroco, e attorno le suore, e le famiglie, e gli anziani, e i bimbi che fanno il catechismo…; è la parrocchia che dà la fede e i sacramenti, che fa formazione umana e cristiana in ogni circostanza, che aiuta i poveri e sta vicino ai malati con vera carità e senza clamori…
È la parrocchia di don Camillo, è il piccolo, bellissimo, imperfetto, divino e umanissimo mondo di Mondo Piccolo. È a questa storia che ci ispiriamo, ed è possibile realizzarla, perché è già accaduta. Dunque non ci fermiamo alla lamentela per tutte le cose che non vanno in questo mondo vecchio che sta morendo: mettiamoci all’opera per aiutare un mondo nuovo, anche se ‘Piccolo’, che sta nascendo.